C'è proprio bisogno di festival come
No Lebol - giunto alla seconda edizione - attenti alle realtà musicali italiane che suonano noise, post-punk, no-wave, sperimentale e pop obliquo.
Insomma, attenti a quei gruppi spesso bistrattati perché considerati talvolta troppo ostici e che invece nella maggior parte dei casi sono sinonimo di qualità, ricerca e anche base per future evoluzioni della musica tricolore.
La prima edizione andò in scena in più
location romane all'inizio del 2012 (6-7 gennaio), un bel successo che ha spinto i promotori, ossia la band capitolina
Gronge e i tarantini Hysm?, a pensare ancor più in grande "occupando" il
Forte Prenestino per due intere serate (6-7 luglio) che si sono protratte fino a notte fonda.
All'interno dello storico CSOA sono stati allestiti ben quattro palchi che hanno ospitato quaranta formazioni da tutto lo stivale, isole comprese, dando così vita a un incontro artistico e di relazioni veramente importante. Infatti, oltre ai classici
stand gastronomici, non è mancata un'ampia sezione di banchetti di varie realtà discografiche, dall'autoproduzione alle piccole
label. Un ulteriore spazio di conoscenza che ha permesso il contratto tra le band e tra queste e i loro fan.
L'appassionato cronista non ha il dono dell'ubiquità e dunque, a malincuore, non è riuscito a seguire tutti i
set proprio perché alcuni si svolgevano in contemporanea, ma una buona scorpacciata di musica comunque è riuscita a farsela. Questo ne è il resoconto.
La prima giornata viene inaugurata verso le 21 dal Collettivo Ferguson Marchin Band, un
ensemble aperto, dedito a una musica di natura improvvisativa. Il numeroso stuolo di musicisti raggiunge il Palco 1-Piazza D'Armi Sinistra partendo dall'ingresso del Forte come una festante banda che celebra un grande evento.
Questo è il perfetto prologo al quale segue l'ipnotico e funereo set dei trevigiani
Father Murphy, che confermano ancora una volta la bontà del loro minimale blues post-punk. Un
sound che colpisce anche chi ancora li ignorava.
Poco dopo parte la musica anche nella Sala Renzo Forte, l'unica al chiuso dell'appuntamento. Qui interagisce il trio composto da Roberto Fega al
laptop,
Adriano Lanzi a chitarra elettrica ed effetti ed Ersilia Prosperi alla tromba, che musicano in tempo reale "Arzak Rhapsody" di Moebius, un tributo sonoro al genio (purtroppo recentemente scomparso) del fumetto d'arte mondiale. L'interazione tra i musicisti e tra le note e le immagini può essere giudicata positiva.
Girovagando tra le varie aree del Forte, con l'opuscolo-guida dei concerti alla mano, ci si imbatte nel finale dei campani Maybe I'm che, solo in due, aggrediscono il pubblico con un approccio selvaggio e una proposta in cui il rock'n'roll rivela il proprio lato più sanguigno e acido.
Un suono tecnico, vibrante e rumoroso è arrivato poco dopo anche dalla Sala Tunnel con i leccesi Luz, protagonisti di un
set accattivante e degno di essere ascoltato con la massima attenzione.
Intanto il pubblico diviene sempre più numeroso man mano che passano i minuti, e con curiosità ci si dirige verso il Palco 4-Piazza D'Armi Destra, ignari che di lì a breve si rimarrà letteralmente folgorati da una band finora (al sottoscritto) sconosciuta. Da Macerata, signore e signori, i Nevroshockingiochi. Con all'attivo un album pubblicato nel 2009, il gruppo suona brani completamente nuovi e pronti per essere registrati e che sono, a detta loro, totalmente diversi dai contenuti della prima pubblicazione. Il quintetto ha un suono post-punk, distorto, scuro, che apre anche a fulminei tempi dispari salvo poi tornare di nuovo martellante. Il cantato tenta di essere melodico e invece si rivela volutamente isterico. Ricordano un po' i gruppi statunitensi della
Gsl, primi fra tutti gli ottimi Vss.
Dopo questa piacevole sorpresa segue una gradita conferma con i romani Dispositivo Per Il Lancio Obliquo Di Una Sferetta, quartetto assai attivo da anni e con un sempre più nutrito seguito, anche in questa serata di No Lebol. La band suona uno strano mix di no-wave, scatti quasi metal e arzigogolii psichedelici, mettendoci dentro anche ironia e gioco, soprattutto negli intermezzi tra l'una e l'altra canzone. Musicisti capaci ma che, per fortuna, non hanno la spocchia di quelli "che ci sanno fare".
Spazio poi a Lili Refrain che immerge la platea in una plumbea atmosfera dove entra in scena la ricerca vocale di
Diamanda Galas quanto quella di
Alos?, il tutto mentre crea architetture sonore con chitarra e pedali, regalando così un effetto mistico a metà strada tra sacro e profano.
Il ludico, con richiami all'infanzia, e un'arguzia espressiva sono insieme nella divertente esibizione del romano Cobol Pongide, in cui sono protagonisti tastierine base Casio-Bontempi-Chicco,
consolle Commodore 64-Gameboy, con il piccolo robot Emiglino Cicala nel ruolo di cantante. Applausi!
Ormai si è fatto tardi ma si raggruppano le ultime forze per assistere al
live dei quotati
Butcher Mind Collapse da Jesi. La loro scuola si trova in
Foetus,
Birthday Party,
Cop Shoot Cop, tutto in salsa marchigiana. Il che si traduce in un approccio spontaneo quanto creativo nei confronti di questa formula noise, post-punk, blues - quando si creano belle interazioni tra batteria, chitarra e sax, se non addirittura quando le sei corde raddoppiano. La voce poi, leggermente effettata, crea ulteriore pathos e slancio, grazie alla capacità di stare sul palco di Jonathan Iencinella.
Il giorno dopo si torna al Forte Prenestino con un certo piacere, proprio perché poche ore prima si sono respirati entusiasmo, curiosità, flusso creativo che, in questi tempi, sono necessari come linfa vitale.
I primi con cui si entra in contatto sono Light The Bob, duo da Ostia che unisce insieme gli insegnamenti di
Zu e NoMeansNo con un piglio punk e non virtuoso. Divertenti.
Un altro duo su un altro palco: gli Hysm? stordiscono con intrecci di chitarra, batteria ed effetti per un suono noise in cui il math-rock cerca di trovare spazio.
In questa serata c'è anche l'esibizione degli altri organizzatori di No Lebol, ossia i Gronge, che dimostrano come la forma di Marco Bedini e soci sia tra le migliori da un po' di anni a questa parte. Il loro recente disco "Dolci Ricordi" è un bel tassello nella storica carriera della band, che mantiene sempre attuale la sua proposta con una nuova
line-up e musiche aperte, oltre al già collaudato post-punk no-wave, a incursioni nel jazz e nell'
impro. E poi c'è sempre Bedini, quantomai istrionico sul palco e incisivo nei testi.
Si riesce ad ascoltare poco dei pesaresi Camillas, anche per qualche disguido tecnico sull'amplificazione, e allora i due scendono tra il pubblico per cantare un loro motivetto pop che suscita la partecipazione delle persone che sorridono e ballano intorno a loro.
L'amplificazione funziona eccome, invece, con
Maximillian I, guidati da quel Demented Burrocacao agitatore culturale a Roma con numerosi progetti che spaziano dall'
harsh noise fino all'elettronica più spinta, e con i milanesi Fuzz Orchestra, i quali fondono riff potenti distorti e saturi della chitarra con una potente batteria che pesta duro, ma anche con qualità. In più, effetti di synth, campionatore e giradischi.
La Fuzz Orchestra unisce musica a estratti di cinema degli anni 70 molto prima dei
Calibro 35, aggiungendo anche voci estrapolate da documentari e da film western. Potenza pura.
Lo stesso grado di furia è presente anche nei tarantini Bogong In Action, assolutamente devastanti nel loro inquieto intreccio di chitarra-basso-batteria e cantato urlato. Qui è puro stato brado, l'essenza del post-punk noise più brutale e che non fa sconti a nessuno.
C'è invece un'atmosfera più intima quando si esbiscono i veneziani, più precisamente da Chioggia, ManzOni, preziosa perla del post-rock e della poesia italiana. Il loro è un
set evocativo che unisce insieme il lato musicale più drammatico e intenso dei
Massimo Volume e
Mogwai con il recitato di Gigi Tenca, un artista che nella timbrica vocale ricorda un
Vasco Rossi più che mai alticcio. Emozionanti anche nella conclusiva ninna nanna dedicata al nipotino, il piccolo neonato il cui papà siede dietro la batteria.
Dopo questo
set al chiuso si torna all'aperto a prendere aria, emanata non solo dal Ponentino, ma anche dagli amplificatori che emettono il viscerale no wave, derivante dalla prima scuola newyorchese della
downtown fine Settanta, degli Hiroshima Rocks Around, esponenti della sempre fertile scena di Roma Est, quella più
arty e conosciuta sotto la sigla "
Borgata Boredom".
A notte già avanzata c'è ancora spazio per il rituale esoterico noise-ambient degli ottimi sardi, da Macomer,
Hermetic Brotherhood Of Lux-Or che creano droni psico-isolazionisti che si sviluppano attraverso passaggi nerissimi e rumoristi di scuola industriale (vedi
Throbbing Gristle) che lasciano decisamente assuefatti.
Quanta energia e quanto spessore di elevato livello nei gruppi del cast e, anche se non si è riusciti ad assistere a tutti i
live, si matura ancor più la certezza che l'Italia ha un grande numero di realtà di spiccato estro che nulla ha da invidiare a tutte quelle produzioni di altri Paesi che operano nei circuiti più
underground. Il pubblico è stato numeroso e attento: l'augurio è che possa aumentare sempre più, e che, grazie a iniziative pregevoli come No Lebol, si dissolva il pregiudizio secondo il quale l'Italia musicale non ha nulla di realmente interessante da proporre.
Lode, dunque, a chi ha lavorato a questo importante progetto, tutto ancora in divenire.